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Parole

Su Alberto

Alessandra Vanzi

Grifi 2. Stavamo girando una scena in una piscina a casa di Beatrice Rosso, figlia del grande Ninì, due ragazzine Corinna e Francesca nuotavano nell'acqua azzurra e Alberto le riprendeva attraverso lo specchio deformante, aveva in progetto di mescolare quelle immagini ad una riproduzione, anch'essa deformata dallo specchio, delle famose bagnanti di Avignone di Picasso, aveva già inserito Guernica con sotto il sonoro registrato a Bolzaneto e voleva proseguire con Picasso che amava da quando a quindici anni aveva deciso di diventare pittore , quando squillò il telefonino di Beatrice dimenticato acceso sul bordo della piscina era Guidarello Pontani che raccontava in diretta quello che stava vedendo alla televisione: lo schianto delle torri gemelle, il pentagono, l'aereo e tutte le informazioni concitate dei primi momenti Beatrice ci riferiva parola per parola suscitando i commenti più angosciati che sono rimasti tutti impressi sul nastro che continuava a riprendere io che dico "ma che è? la terza guerra mondiale? e le bambine che chiedono preoccupate "mamma cosa è la guerra mondiale?" "tranquille state tranquille ". Quando ho rivisto le riprese di quel momento sono rimasta senza parole la mano di Alberto che riprendeva, peraltro in una posizione molto scomoda, non aveva avuto neanche un tremolio, era rimasto immobile, aveva girato tutto senza nessuna scossa, un vero corpo- cavalletto, una steadycam umana, ecco Grifi era così, il suo corpo era un prolungamento naturale della camera, si costruiva da solo tutte le modifiche, aveva inventato il vidigrafo per poter trasferire "Anna" dal nastro alla pellicola e la soluzione gli era arrivata in sogno, si era addormentato sfinito dopo ore e ore di tentativi e aveva lasciato il quaderno con gli appunti sul comodino e così quando aveva sognato la giusta equazione si era semplicemente svegliato e l'aveva scritta, si considerava un artigiano, riusciva a fare quasi tutto da solo, un uomo troupe, un mago delle luci che aveva imparato da ragazzino quando fotografava le dive, un ottimo tecnico del suono, un operatore. L'unica definizione che non dava mai di sé era "regista" e questo dipendeva dalla sua convinzione politica: considerava l'industria del cinema un meccanismo coercitivo e piramidale, il film Anna è un manifesto del suo pensiero in proposito. C'è anche un altro lavoro che abbiamo "ri-finito" insieme che è" l'occhio ovvero l'evoluzione biologica di una lacrima e autoritratto Auschwitz" era un film breve e incompleto che era stato proiettato al Filmstudio nel 1968 ai tempi del suo pretestuoso arresto durante la persecuzione contro Aldo Braibanti accusato di plagio; c'è una lunga ripresa di se stesso durante una visita ai campi di concentramento e un provino di Monica Vitti per Antonioni ripescato tra gli scarti di una sala di montaggio in cui l'attrice prova a piangere senza veramente riuscirci, come sonoro sotto la bellissima Vitti si sente la registrazione del racconto atroce di un detenuto che descrive tutte le vessazioni subite in carcere, quello prima della riforma; molti anni dopo, nel duemila, ci incontrammo ad una festa nel giardino della villa della Fondazione Barucchello a via di santa Cornelia dove si era appena trasferito ed il suo arrivo era uno dei motivi del festeggiamento Alberto era di ottimo umore e si lasciava intervistare da Chantal Personnet, tra i tanti invitati arrivò Michelangelo Antonioni, vecchio amico di mio padre che gli aveva fatto da aiutoregista e che mi conosceva dalla nascita, così, casualmente, sono stata il tramite di quest'incontro documentato da Chantal tra Grifi e Antonioni che Alberto poi montò ed inserì nell'"occhio" quasi per fare una sorta di tregua o pace col grande maestro, dopo che gli avevo raccontato che Antonioni aveva avuto vita tutt'altro che facile nell'industria cinematografica, che anzi faceva una fatica boia a trovare le produzioni e che una volta, mentre girava "le amiche" aveva lasciato mio padre in ostaggio di un albergo a Torino perché erano finiti i soldi; oltre a questo inserto nel film c'è anche una sua lettera dal carcere che leggo. Negli anni in cui abbiamo vissuto insieme sono state innumerevoli le volte in cui gli ho prestato la voce il corpo o semplicemente ho passato nottate insonni accanto a lui a segnare i numeri dei frame da montare o smontare, in cambio lui ha ripreso tutti i mei spettacoli e quando sono stata invitata da Achille Bonito Oliva a Padula per la rassegna" le opere e i giorni" nel 2002 a produrre un mio lavoro siamo andati insieme e Grifi ha ripreso la mia performance che poi è diventata un video che si chiama Urla Mute, sono quattro storie di donne: una prostituta africana venduta sulle strade dell'occidente, una donna afghana che brucia il suo burka, la storia, vera, della prima terrorista palestinese che si fece saltare col tritolo, ed una normale signora occidentale triturata dalla bulimia. La nostra unione poteva sembrare strana cosa ci faceva un attrice con un regista che non usava attori? Invece c'era molto in comune perché se io ho cominciato a far teatro dopo l'incontro con Grotowski, che aveva scelto di fare ricerca pura e non produrre più spettacoli, Alberto Grifi è sempre rimasto fedele a Zavattini che spronava le nuove generazioni a girare la vita mentre cambiava più che ricostruirla e ingabbiarla negli schemi già noti del linguaggio cinematografico. Alberto negli ultimi anni era affascinato da internet dalla possibilità di una comunicazione alternativa e libera, pensava ad un film collettivo girato a tante mani che raccontasse tante vite esemplari nel momento in cui si svolgevano, vite di chi ricercava nel proprio campo che fosse la scienza , l'elettronica o la medicina o qualsiasi altra materia che portasse reale evoluzione, nonostante il suo sguardo pessimista sulla storia dell'umanità aveva una vera passione per i giovani una reale fiducia nella loro possibilità di cambiare il mondo. Ciao Alberto mi manchi.