di Federico Rossin
Il film di found footage ha una lunga storia: fin dalla metà degli anni '20 alcuni filmmakers iniziarono ad usare nei loro film materiale filmico "trovato" rielaborandolo nei più diversi modi. Due possibili forme di categorizzazione si possono tracciare per dare profondità teorica al film di found footage: la prima è quella semplicemente diacronica, un excursus storico come quello delineato da William Wees nel suo indispensabile Recycled Images, e la seconda è quella sincronica, come quella articolata da Nicole Brenez nel suo saggio Montage intertextuel et formes contemporaines du remploi dans le cinéma expérimental. Se Wees sottolinea il legame tra la storia e le forme filmiche, tracciando un percorso diretto che va dal modernismo al postmoderno, dal collage all'appropriazione e dall'avanguardia alla televisione, Brenez lavora invece alla delineazione di una cartografia formale, fornendo un inventario accurato - benché idiosincratico e soggettivo - dei differenti tipi di riuso, ma senza alcuna gerarchia cronologica. Per raccontare il valore seminale e unico de La Verifica Incerta percorreremo le due strade: la prima, quella storica, ci darà l'idea di un percorso lineare, accidentato ma diretto verso il nostro presente; l'approccio formalistico ci aiuterà invece a comprendere e a distinguere le diverse identità dei film che accosteremo all'opera di Grifi e Baruchello.
La Verifica Incerta è il primo capolavoro del cinema underground italiano: venne realizzato da due artisti tra il 1963 e il 1964, Alberto Grifi - un pittore e un fotografo, ma più tardi il più rivoluzionario e polimorfo dei filmmakers indipendenti italiani - e Gianfranco Baruchello - un pittore concettuale di valore internazionale: così il film dovrebbe essere considerato sia parte del cinema sperimentale italiano e sia parte dell'avanguardia artistica degli anni '60. Nel 1963 Grifi e Baruchello acquistarono 150.000 metri di pellicola destinati al macero e al riciclaggio per estrarne sali d'argento (circa 40 film hollywoodiani degli anni '50 girati in Cinemascope) e lavorarono sul materiale per otto mesi, prima selezionandolo e poi rimontandolo con l'ausilio di un vecchio tavolo di montaggio in legno. Il risultato del lungo lavoro - che si può davvero considerare una performance in sé - fu un film della durata di 35 minuti costituito da blocchi di fotogrammi incollati fra loro con del nastro adesivo, una sorta di miscuglio fra un objet trouvé in sé concluso - Duchamp era infatti un caro amico di Baruchello e appare più volte nel film - e una striscia di pellicola destinata ad essere proiettata. L'idea originaria dei filmmakers era strutturata su una teoria del montaggio basata su numeri casuali e prevedeva la completa distruzione del film al termine della sua prima ed unica proiezione: i pezzi de La Verifica Incerta sarebbero dovuti essere stati distribuiti al pubblico, trasformato dall'evento in testimone di un vero e proprio happening artistico chiamato "Disperse Exclamatory Phase", una sorta di moderno Sparagmos dionisiaco che sarebbe potuto piacere ad Ejzenstejn. Solo un altro film dell'underground italiano ha le sue radici più profonde nell'idea di resurrezione e distruzione del materiale, Trasferimento di Modulazione di Piero Bargellini, un'altra opera borderline tra arte e cinema condannata a morte dal suo creatore. La prima proiezione de La Verifica Incerta avvenne a Parigi di fronte ad un pubblico di "grandi vecchi" dell'avanguardia, Man Ray, Marcel Duchamp, Max Ernst, John Cage, pronti a dare la loro benedizione e il loro assenso paterno ed amicale al nuovo tipo di film: la distruzione del film non ebbe luogo - per fortuna! - ed invece venne stampata una copia in 16mm dall'originale di 35mm e tale trascrizione su un diverso formato venne fatta senza l'uso di una lente Cinemascope, finendo così per aggiungere un'intensa distorsione e uno strano appiattimento alle immagini; per i medesimi problemi anche il suono risultò straniante rispetto alla colonna visiva, completamente fuori sincrono.
Secondo la classificazione di Wees La Verifica Incerta apparterrebbe al film collage modernista marcato da un forte obiettivo polemico: Hollywood e i suoi clichés; il cinema classico americano è attaccato sia come prodotto di un determinato linguaggio e sia come serbatoio di gesti e immagini stereotipate. Grifi e Baruchello usano un linguaggio stardardardizzato contro se stesso; in quest'ottica ogni strategia diventa utilizzabile: la duplicazione e l'analogia, lo spiazzamento e la somiglianza, la ripetizione e l'interruzione, la frammentazione e la contrazione. Questo uso complesso del found footage mostra all'opera un montaggio intellettuale completamente nuovo che non dev'essere confuso e scambiato con quello presente in film di found footage realizzati in precedenza. Ad esempio La Verifica Incerta ha poco a che spartire con il genere della parodia: un'opera seminale come Crossing the Great Sagrada di Adrian Brunel del 1924, vero e proprio détournement di un film di viaggio pieno di situazioni prevedibili, che pur adottando strategie interessanti (ad esempio un uso straniante e aggressivo delle didascalie ed un conseguente e continuo dislocazione cognitiva fra le immagini e le parole) si limita ad un distacco sardonico che non mina mai le radici stesse del linguaggio cinematografico, svelando così la fragilità di una scelta unicamente parodistica. Né La Verifica Incerta può essere caratterizzato solo come manifesto ideologico, cine-volantino, pamphlet d'intervento come ad esempio voleva essere il film di Henri Storck Histoire du soldat inconnu del 1932, film di montaggio di cinegiornali bellici intriso di umori violentemente antimilitaristi e di sarcasmo anticapitalistico, pieno di idee ma ancora troppo inconsapevolmente tutto dentro alla macchina dell'immaginario bellico. Più vicino è invece La Verifica Incerta al meraviglioso atto d'amore segreto e sublime per Hollywood quale è Rose Hobart di Joseph Cornell del 1936, rimontaggio di un solo film del 1931 da cui l'artista-cineasta americano scelse quasi unicamente le immagini di un'attrice isolandole dal contesto narrativo, abolendo i campi-controcampi (intensificando così il fuori campo), sostituendo la colonna sonora con una musica brasiliana ed infine virando in violetto la pellicola: vero e proprio oggetto labirintico ed enigmatico proprio come i collages e le scatole del suo autore, Rose Hobart, ipostatizza un'icona attoriale attraverso una demolizione controllata dell'edificio-film, ed in ciò sta la differenza con l'opera di Grifi e Baruchello, molto più anarchici ed ontologicamente iconoclasti. Infine un ulteriore confronto può essere fatto con A Movie di Bruce Conner del 1958, sinfonia astratta e spietata che con sarcastici campi-controcampi racconta di un'umanità in preda a violenza e orrori, amplificando con magniloquenza scultorea un montaggio a blocchi potente e senza uscita: là dove Grifi e Baruchello aprono e slabbrano la struttura filmica mostrandone indirettamente anche i nessi storico-economici, Conner reinventa il linguaggio mischiando di tutto (cinegiornali, cartoni animati, westerns, film di guerra, film scientifici, code nere, titoli di testa e di coda) e adottando però un simbolismo arcaico ed una visione della vita nihilistica ed intemporale.
Ne La Verifica Incerta ogni immagine in movimento è stata trasformata nelle sue connessioni spazio-temporali, tolta dal suo contesto e inserita in un'altra serie significante completamente diversa: un nuovo significato, che non ha nulla a che vedere con quello delle "vecchie immagini" - sia come icone provviste di un contenuto simbolico e sia come cellule di un organismo filmico più grande - esplode sullo schermo. Il significato preesistente è abolito, le nuove connessioni riempiono con idee spiazzanti lo spazio/tempo vuoto dei clichés di Hollywood: anche lo spettatore è chiamato in causa dalla nuova opera, anzi ne è parte fondamentale nella sua vana ricerca di apprendere un nuovo linguaggio, un nuovo codice, sebbene nulla possa trovare di definitivo per imparare una nuova sintassi che in realtà non esiste più! Perché il vero significato è l'opera in sé, un film ready made! Il film come materiale esisteva già prima, con la sua struttura narrativa, i suoi personaggi, gli attori, la colonna sonora e i colori e Grifi e Baruchello non ha creato nulla ex novo: ma è l'atto di appropriazione in sé - una vera e propria "azione" artistica - che costruisce La Verifica Incerta, che infonde nuovi significati alle vecchie immagini attraverso un processo di distruzione-resurrezione del significato che, con la selezione ed il montaggio, giunge ad articolare un nuovo ritmo del tutto artificiale, orchestrando uno spazio-tempo completamente ricostruito. Il montaggio viene investito dell'intero carattere creativo del film: è il puro linguaggio che si dispiega, il puro significante resosi autonomo che proprio negli anni '60 decostruzione, semiotica e psicoanalisi stavano mettendo al centro dei propri interessi.
All'inizio dell'opera non c'era un piano di lavorazione e nemmeno una sceneggiatura prima per processo di montaggio: ironicamente lo script fu l'ultima azione dell'intero processo artistico e venne quindi scritta a film finito; ancora una volta la rottura radicale fra significato e significante emerge e impedisce ogni comparazione profonda con altri film di found footage: il significato del film non è più nel suo contenuto visivo (sebbene vi siano molte connessioni simboliche, molti legami iconografici, ecc.) ma nell'atto stesso di decostruzione e di ricostruzione artificiale in cui anche il caso ha molta parte in causa (e i due filmmakers italiani si dimostrano compagni di strada di Lettristi, Neo-Dadaisti, Fluxus e concettuali che nel medesimo periodo e con paragonabile violenza stavano spazzando via ogni illusione vanamente realistica e sterilmente mimetica dal paesaggio artistico attraverso nuove forme e nuove "azioni").
In questo senso La Verifica Incerta tocca molti problemi di ontologia artistica che sono ancor oggi al centro della teoria: qual è il ruolo del caso nella produzione artistica? Qual è la vera identità dell'autore di un'opera? Qual è la connessione concettuale tra il film come immagine in movimento proiettata e il film come mero oggetto materiale? Il titolo stesso del film di Grifi e Baruchello era e resta un concetto: indica a noi spettatori la necessità di una ricerca, di una verifica da compiersi sugli assunti teorici e materiali della modernità ma senza darci la linearità, la gerarchia, il senso delle opere della tradizione - da qui l'incertezza fondante.
Dagli anni '60 agli anni '80 il film di found footage ha guadagnato una posizione centrale nel panorama del cinema sperimentale fino a diventare un genere in sé: per uscire dalle sabbie mobili del vuoto intellettualismo di molto cinema strutturale, il found footage è sembrato la via più economica e meno "fredda", un mezzo che ha permesso ai filmmakers di mantenere vivi i loro legami sia con la tradizione dell'avanguardia sia con il loro amore per il cinema classico e per il film in quanto materiale deperibile e in quanto catalogo infinito di forme cui attingere liberamente.
In molti film di found footage di oggi che si dicono eredi de La Verifica Incerta il cinema viene considerato come un pianeta autosufficiente ed in via di sparizione: il rimontaggio segue molto spesso logiche morfologiche che non rispettano né gerarchie cronologiche né strutture simboliche e questo non per replicare il détournement situazionista né per intenti polemico-ideologici (a parte il caso di Craig Baldwin e di alcuni suoi sodali) ma per sviluppare in film-saggi sperimentali un interesse idiosincratico ma vivo per la storia e per l'archivio, malinconici depositi del Moderno e delle sue rovine.
Se compariamo ad esempio Home Stories del 1990 di Matthias Müller al film di Grifi e Baruchello potremo vedere che nel film del regista tedesco la ripetizione ossessiva degli stessi sentimenti divenuti clichés, delle stesse posture dei corpi, degli stessi movimenti di macchina, indica come ne La Verifica Incerta un codice convenzionale ed un linguaggio hollywoodiano divenuto "naturale", ma allo stesso tempo l'intera struttura del film è costruita su di un processo di saturazione che rende omogeneo l'eterogeneo, che unifica il molteplice, e che impasta tutti i personaggi in un solo personaggio usando come dispositivi strategici proprio gli stretti codici di rappresentazione, la rigorosa censura ed i rigidi dettami produttivi che regolavano Hollywood negli anni '50 e '60. Se Grifi e Baruchello distruggevano la trasparenza del cosiddetto linguaggio del cinema svelandone rimossi e volgarità, Müller ci rende consapevoli della trasparenza del montaggio del cinema classico attraverso la sua paradossale intensificazione: un sistema di "super" campo-controcampo ma senza che ci venga mai mostrato davvero il controcampo (allo sguardo non corrisponde mai il suo oggetto).
Questa nuova forma di rimontaggio non ha nulla a che vedere con il ready made duchampiamo de La Verifica Incerta, né con il collage modernista invocato da Theodor Adorno e Peter Bürger come la soluzione rivoluzionaria per l'avanguardia degli anni '60 e '70 contro l'emergere del postmodernismo e dei suoi giochetti d'assemblaggio: l'ibridazione, l'impurità, la soggettività e l'ambiguità sembrano aver sostituito l'ironia feroce, la polemica sul linguaggio e la radicalità politica. È il nostro presente e, seppur e contrario, La Verifica Incerta ci aiuta ancora a comprenderlo, a combatterlo.