di Domenico Liggeri
Il tuo cinema sta "invecchiando", ma soltanto in termini tecnologici…
Sui videotape degli anni 70 l'invecchiamento produce danni maggiori e in tempi più brevi di quelli che presentano le pellicole. I videotape "militanti", bobine aperte da un quarto e da mezzo pollice, hanno prodotto col tempo una collosità che impedisce di passarli sui vecchi registratori con i quali furono girati. Per un paio d'anni ho studiato il problema e ho messo a punto una tecnologia per salvarli - lavaggi con solventi, procedimenti elettronici etc. - e funziona. Ci sono dei problemi di reperimento di questi vecchi videoregistratori… difficili da trovare fanno parte della tecnologia arcaica della TV.
Quali sono i costi di questa operazione?
I costi per rigenerare questi documenti così importanti per la nostra memoria storica sono irrisori se paragonati a quelli del restauro della pellicola - telecinema, ritocco digitale, vidigrafo, ecc. Costi talmente alti che si può prevedere che verranno salvati solo i film dell'impero cinematografico; i film che non hanno "fatto cassetta" sono destinati al macero. Ci troviamo ad ereditare un decennio di menzogne mass-mediatiche e incendi procurati per far sparire dagli archivi i documenti scomodi. Di fronte a questi fatti lasciar distruggere dal tempo i pochi documenti che ancora esistono non falsificati dai pompieri di regime, vorrebbe dire tapparsi la bocca.
Chi ha meno di trent' anni non può non avere le idee molto confuse sulla storia dal 67 in poi. Ho realizzato parecchie trasmissioni per la radio (tra cui Audiobox) e tengo seminari dove cerco di analizzare, rimestando nella marmellata mass-mediatica, lo strutturarsi delle bugie televisive a diversi livelli, man mano che le tecnologie comunicative si sono evolute.
..Negli anni Sessanta producevo cinema sperimentale, underground possiamo dire. Avevo girato alcuni film lavorando molto sugli effetti speciali. Dietro c'era una tradizione pittorica. Facevo il pittore da quando avevo quattordici anni, e avevo preso la cosa molto sul serio. Lavoravo contemporaneamente e quasi senza vocazione nel cinema - perché a casa mia era il mestiere di famiglia - ma presto mi resi conto che poteva diventare anche un fatto dignitoso, creare insomma qualcosa che potesse dare dignità ai propri pensieri, a prendere coscienza sulla propria condizione…
Videoteppisti
"…… per quello che riguarda il video ho più di 100 ore di nastri da rigenerare. Insieme ad altri "video-teppisti" che lavoravano con me, nel '76, filmai il Festival del proletariato giovanile al parco Lambro di Milano, dove si vede e poi si dibatte il mitico esproprio dei polli; mai ceduto alla rai negli anni caldi, per impedire grossolane manipolazioni politiche, è una metafora inquietante e di nuovo attuale sui meccanismi di controllo con cui i governi e i loro funzionari tentano di tenere buone le masse e contemporaneamente su come le masse tentino di sollevarsi. Poi gli -autoriduttori- che contestavano i convegni di Verdiglione ( o Vermiglione… ) dal 76 al 78 e che organizzavano dei contro-convegni sull'antipsichiatria con David Cooper… momenti molto caldi e alti della discussione sul problema degli analisti nei confronti dei loro psichiatrizzati…."
Poi c'è "a propos de la doucer", molte ore di conversazione che assieme a Gianfranco Baruchello furono fatte con alcuni "mautre a penser" a Parigi nel '78. Ci sono Lyotard, Cooper, Guattari, Klossowsky che pensano ad alta voce.
Poi c'è "Anna", che è il primo film girato su video-tape con Massimo Sarchielli nel'72, cult-movie dell'underground: esiste l'edizione vidigrafata su 16 mm. Ma è ora di rigenerare i nastri originali.
Dentro i conflitti della memoria
Anni 70. lo Stato predica l'etica del lavoro, la pace sociale, i sacrifici; mentre l'opposizione selvaggia praticava l'illegalità, l'esproprio, il rifiuto del lavoro salariato, la disobbedienza civile. Il mondo cambiava e il cinema rimaneva immobile. Se provava a descrivere la nuova realtà lo faceva rimaneggiando in tutte le salse gli stereotipi del cinema del passato che, del resto, aveva avuto ben altra dignità. La maggior parte dei registi, vecchi o giovani che fossero, non coglieva i significati profondi dei nuovi desideri delle donne, dei ladri, dei matti, dei drogati visionari; e i loro film rimanevano nell'ottica ristretta della piccola borghesia dalla quale spesso provenivano, sessista e classista.
Per me era inevitabile confrontare la condizione proletaria con la nostra di cinematografi. Per me i riformisti erano proprio gli artisti abbarbicati al miserabile privilegio di descrivere voluttuosamente la propria alienazione. Sarebbero stati gli ultimi a capire di essere servi del potere massmediatico, uccellini che cantano senza la forza di rompere la gabbia che li imprigiona. E' infatti quando i processi rivoluzionari falliscono nella vita che la creatività ripiega sull'attività artistica. Ed è proprio quando la creatività si concretizza in opera che il capitale la mette sotto controllo, mercificandola, organizzandola in spettacolo, rendendola impotente. Al contrario, in una società in rivoluzione è la realtà stessa che diviene il luogo della creazione permanente. A condizione che la nuova vita non cada mai al di sotto dell'intensità dei momenti più alti della vecchia arte.
Per me era ora di buttare nel cesso le sceneggiature scritte in un linguaggio la cui sola sintassi è la regola del mercato.
Per realizzare il cinema che ho sempre amato, bisognava liquidarlo, trasformare i sogni che contiene in vita vivente, in una vita nuova.